La ceramica di Seminara, piccolo borgo calabrese ai piedi dell’Aspromonte, è nota in tutto mondo per la particolare tecnica di cottura che avviene all’interno di vecchie fornaci. La famiglia Ditto porta avanti questa tradizione millenaria cercando nuovi progetti che attraversano il tempo senza paura di invecchiare.
Ceramiche Ditto: una storia di famiglia
Il sodalizio tra la famiglia Ditto e la ceramica risale a molto tempo fà, a quando il padre di Domenico e Antonio ha aperto il primo laboratorio a Seminara. “Un esempio”, lo definiscono ancora oggi i due fratelli. Il maestro che ha lasciato in eredità l’arte o più probabilmente un’occasione per continuare a scrivere la storia dei “pignatari”.

Antonio lavora alla lucidatura dei portacendela e nel mentre ci racconta gli aneddoti del suo laboratorio, del tornio e di quelle maschere appese. Andiamo in un giorno di festa e lui è lì, in tuta da lavoro. Non riesce mai a chiudere veramente le porte della bottega. Perché, in fondo, in quella bottega è come essere a casa. Domenico, invece, si definisce l’anima commerciale dell’azienda. Ma un occhio attento capisce che anche le sue mani sono intrise di ceramica.
L’ultima fornace della ceramica di Seminara
Varcata la soglia ci attende un ambiente pieno di sorprese, la più straordinaria delle quali è nascosta. Pochi passi, un corridoio buio, qualche scalino impolverato e siamo catapultati all’interno di un forno. Domenico, infatti, ci conduce nel cuore del laboratorio: la fornace, una delle poche rimaste attive a Seminara.
E’ costruita in mattoni refrattari e termina con una cupola che ricorda le chiese bizantine. Nella parte sottostante il fuoco viene alimentato con nocciolo di ulivo. Anche questa una tecnica di origini bizantine.


Le infornate sono impegnative perché il forno raggiunge temperature elevatissime e, per questo, si effettuano poche volte l’anno. I pezzi vengono sistemati uno sopra l’altro, dal più grande al più piccolo. Un equilibrio perfetto e quasi mistico. “Facciamo tarda notte per vedere il risultato” ci confessa Domenico, “perchè ogni volta è un’incognita”.
Anche i colori sono un segreto che appartiene al forno. Si, perché i colori durante la cottura si mescolano, creando effetti e iridescenze uniche.
E’ questo il mistero della ceramica di Seminara che sforna oggetti dai richiami simbolici.
Ricci con aculei appuntiti, brocche, pigne, pesci e poi loro: le maschere.
Le maschere apotropaiche: scacciano il male e proteggono la casa
Sono l’oggetto più rappresentativo della ceramica di Seminara, quello per cui questo piccolo borgo artigiano incantò addirittura Picasso. Stiamo parlando delle maschere apotropaiche.
Legate ai culti pagani, le maschere affondano le loro radici nell’iconografia millenaria con le loro grandi corna, bocca mostruosa, espressioni grottesche.
Gli abitanti di Seminara erano soliti posizionare le maschere apotropaiche accanto alla porta di ingresso. La credenza vuole che scaccino gli spiriti maligni e, per tale ragione, devono essere mostruose, per incutere timore.


Ancora oggi le maschere apotropaiche continuano ad essere un oggetto desiderato che continuano ad adornare le case non solo del sud Italia. Anche a Parigi sono molto apprezzate da un gruppo di designer ed artisti che, negli ultimi anni, stanno promuovendo questo oggetto tanto affascinante quanto misterioso che ben si presta nell’arredamento e negli interiors.